REGOLAZIONE DELLA POSTURA E FUNZIONE VISIVA Convegno di Aggiornamento Postura, Punta Marina 19-20 Gennaio 2002

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REGOLAZIONE DELLA POSTURA E FUNZIONE VISIVA


Possiamo intendere la postura come la relazione spaziale tra segmenti scheletrici il cui fine è il mantenimento dell’equilibrio (contro la forza di gravita’) nella stazione eretta (statica) e nell’esecuzione di attivita’ motorie (cinematica). Il concetto di normale o fisiologico per il sistema posturale e per quello visivo mette in evidenza la relazione fra i due, in quanto per entrambi non è accettabile, ai fini di un giudizio clinico-diagnostico, un modello morfologico funzionale ideale o “normale” in senso statistico biomedico. Per normale o fisiologico si deve intendere un modello “adattato”, risultato da una serie di stimoli morfogenetici che lo modificano dinamicamente nel tempo all’ambiente, con eventuali ampie devianze dalla norma statistica. Da questa definizione di fisiologico come “adattato” deriva il concetto di patologico come “disadattato” ovvero affetto da segni clinici confermati clinicamente e strumentalmente. Nella postura sono coinvolti numerosi sistemi: muscolo-scheletrico-somatico, oculo-motore, otovestibolare, occluso-cranio-mandibolare, cutaneo. Quando il sistema somatico posturale generale e quello visivo non si adeguano a un eccesso di richieste funzionali o non sopportano piu’ le sollecitazioni ambientali, vanno incontro ad uno scompenso che puo’ portare anche alla patologia: sovraccarico, disfunzione, degenerazione. In queste condizioni si manifestano nei due sistemi segni precoci di disadattamento che un clinico attento ed esperto sapra’ riconoscere in modo da ricondurre il sistema entro limiti di adattabilita’. Non è un caso quando consideriamo le analogie che hanno provocato un incremento sia assoluto che relativo del disadattamento di questi due sistemi: sedentarieta’, scorretta posizione sul lavoro, attivita’ fisica inadeguata per eccesso o per difetto, e non ultimo l’aumento delle richieste visuocognitive per lo piu’ finalizzate alla lettura o al lavoro prossimale. Le ricerche sulla postura hanno impegnato gli studiosi fin dalla fine del secolo scorso. In questi ultimi anni l’attenzione di diversi specialisti si è focalizzata sullo studio dell’equilibrio posturale statico e dinamico attraverso un’ analisi multifattoriale. Con il passare del tempo è stato evidenziato che la postura è l’interazione fra i movimenti della testa, del tronco e degli arti al fine di mantenere l’equilibrio e l’orientamento gravitazionale. Tale interazione dipende, secondo i concetti di Howard e di Templeton del 1966 e di Singer nel 1972, da un’attivita’ multisensoriale espressa dal sistema vestibolare, visivo, tattile e propriocettivo. Il ruolo del labirinto e dei nuclei vestibolari nelle reazioni posturali è stato confermato da una serie di studi anatomici e fisiologici condotti da Molina-Negro, Bertand, Martin e Gioiani. Gia’ nel 1949 Gesell, Ilg e Bullis avevano considerato la postura sia dal punto di vista statico che dinamico definendola come l’embriologia del comportamento che determina l’orientamento del bambino nei confronti dell’ ambiente. La postura quindi è ben lontana dall’essere un fenomeno statico: benchè le risposte posturali siano inconsce ed automatiche esse rappresentano un adattamento alle continue modifiche dell’ambiente circostante. Essa è percio’ una condizione fisiologica che garantisce in moto e a riposo l’equilibrio e ha come condizioni l’avere minore dispendio energetico e la migliore ripartizione di lavoro fra le

varie componenti.
Conoscere le componenti che regolano il buon funzionamento di questo complesso processo è
importante per poter valutare o quantificare le eventuali modificazioni, che si verificano ad esem
pio in seguito a scompensi provenienti da distretti diversi ma strettamente correlati al sistema
posturale.
Tra le afferenze che influenzano il sistema posturale ricordiamo: le afferenze visive, quelle podali
che, propriocettive, vestibolari e epiteliali.
In questa sede la nostra attenzione si focalizza su come il sistema visivo puo’ influenzare gli atteg
giamenti posturali.
I muscoli, che sono il motore principale di questa complessa macchina, hanno dei recettori parti
colari (recettori tendinei del Golgi, fusi neuromuscolari). La caratteristica è che mentre la maggior
parte dei recettori inviano informazioni a senso unico dalla periferia al centro, i recettori muscola
ri possono essere modulati dal centro alla periferia.
I fusi neuromuscolari e il motoneurone gamma possono subire variazioni di tensione ed essere piu’

o meno attivi. Abbiamo quindi dei riflessi stimolati da questi recettori: la postura puo’ essere cosi’
condizionata da afferenze podaliche, visive o dell’apparato stomatognatico che raggiungono il
SNC.
Nella formazione reticolare si hanno i maggiori relais che informano i muscoli posturali e danno
come prodotto finale una postura.
E’ stato ampiamente dimostrato il ruolo della funzione visiva ed in particolare del campo visivo
paracentrale e periferico nel mantenimento dell’equilibrio, nella deambulazione e nella coordina
zione motoria. Cio’ è dovuto anche, secondo Duke Elder, al fatto che circa il 20% delle fibre ner
vose provenienti dagli occhi, formano sinapsi con neuroni provenienti da aree motorie prima di rag
giungere la corteccia.
Questo fornisce una motivazione neurologica sull’importanza della visione nei meccanismi di equi
librio e di orientamento spaziale.
Coulter, Mergner e Pompeiano hanno effettuato esperimenti per verificare se i cambiamenti della
posizione della testa possono influire su alcuni neuroni del reticolo spinale ascendente e sono arri
vati alla conclusione che il sistema correlato con la macula retinica e quello propriocettivo posso
no interagire al fine di produrre aggiustamenti posturali fini sia in condizioni statiche che dinami
che.
Kaplan ha dimostrato come l’utilizzo di lenti prismatiche, modificando la percezione spaziale, puo’
modificare l’atteggiamento posturale non solo della testa, ma anche di tutto il corpo.
Ne consegue che ogni procedura di rieducazione visiva dovrebbe essere effettuata in modo da coin
volgere non soltanto i muscoli oculo-motori, ma anche il sistema muscolo-scheletrico posturale.
I pionieristici studi di Harmon degli anni ’50 sono stati un modello di notevole valore scientifico
di come la postura e la funzione visiva si influenzano reciprocamente.
Se una postura scorretta viene mantenuta per periodi prolungati si hanno effetti sulla coordinazio
ne binoculare, il rendimento accomodativo diventa diverso fra i due occhi, compaiono forie, si pos
sono accentuare le anisometropie, degrada l’equilibrio del sistema visivo.
In definitiva possiamo affermare che postura e funzione visiva si influenzano reciprocamente.
Tale correlazione puo’ far coesistere sintomi a carico della funzione visiva e sintomi a carico del
sistema posturale, sia in sequenza causale, in un senso o nell’ altro, oppure in parallelo per qualche
comune meccanismo causativo (fig. 1).

FUNZIONE
VISIVA


Il ruolo della funzione visiva nella regolazione della postura è stato oggetto di numerosi studi e ricerche. Per evidenziare in modo appariscente il ruolo della funzione visiva sulla postura è sufficiente confrontare gli atteggiamenti posturali di un ipovedente o di un cieco con quelli di un normovedente, per accorgersi di come la scarsa percezione visiva produca delle alterazioni posturali delle quali la persona non è cosciente. La semplice chiusura degli occhi in posizione ortostatica provoca un peggioramento della precisione del controllo posturale di circa il 250%, rilevabile con l’aumento delle oscillazioni del corpo durante l’esame posturografico. Una certa differenza posturale è rilevabile anche confrontando persone nate cieche con persone divenute cieche durante la vita. Tale valutazione comparativa evidenzia come l’aver beneficiato, anche per un periodo limitato, di un certo livello di percezione visiva contribuisce a costruire nella persona un modello di comportamento posturale differente da coloro che invece hanno costruito il proprio comportamento posturale solo grazie all’attivita’ del sistema vestibolare, di quello tattile e di quello propriocettivo. Mentre oggi una tale differenza appare evidente, fino a pochi anni fa si ~ava poco rilievo ai rapporti fra postura e percezione visiva in persone definite normovedenti. Il lavoro svolto durante gli ultimi trent’ anni, in particolare con i bambini, ha confermato una evidente associazione fra i disturbi dei meccanismi posturali e quelli della funzione -visiva. L’esperienza ha dimostrasto che migliorare i meccanismi posturali contribuisce a migliorare anche le funzioni dei muscoli oculomotori, e viceversa. Nel campo della patologia ortopedica sono stati effettuati studi che contemplano il ruolo della funzione visiva nell’ ambito del sistema posturale, in particolare in soggetti con scoliosi idiomatica. Herman et al. (1985) sottolineano come la funzione visiva svolge un ruolo importante nello stabilizzare la postura, al punto tale da considerare la funzione visiva come la sorgente principale della funzione cinestesica. La ricerca, pubblicata su Spine, è a nostro avviso molto interessante: dagli studi compiuti sui soggetti normali e su soggetti scolioticiè stato osservato negli scoliotici un’alterazione dell’analisipercettiva dell’orientamento del corpo rispetto alla verticale. Tale alterata percezione visivo-spaziale, prodotta in parte da un alterato “accoppiamento” visivo-vestibolare nella corteccia cerebrale, puo’ costituire la base della deformita’ strutturale e dell’instabilita’ posturale ed oculare negli scoliotici. Le tecniche di adattamento ai prismi, che inducono una trasformazione fissa nella sfera visivo-spaziale (ad esempio, spostamento o inclinazione di oggetti rispettivamente dalla posizione centrale o verticale), usate in numerose ricerche, indicano che in presenza di un disturbo visivo-spaziale si verifica un “riadattamento sensoriale”: Il SNC si organizza per interpretare il nuovo stato spaziale sulla base dello stato precedente (ad esempio, dopo l’adattamento prismatico, una stanza inclinata di 20 gradi è percepita come allineata verticalmente). Negli scoliotici, il “riadattamento sensoriale” potrebbe rappresentare il substrato per la riduzione dei problemi relativi al conflitto fra l’orientamento visivo alla geometria spaziale e la posizione del corpo, e per l’adattamento di un sistema motorio funzionale. Secondo gli Autori, la capacita’ del sistema nervoso centrale di ridurre le asimmetrie e le incongruenze percettive, grazie ad un “riadattamento sensoriale”, si accompagna ad una “reinterpreta

zione” centrale dei dei dati propriocettivi o cinestesici provenienti dal sistema motorio assiale. In
tal modo lo scoliotico interpreta l’allineamento verticale non eretto delle strutture vertebrali come
“erette” e “dritte”. Di conseguenza, si verificano dei cambiamenti compensatori nel sistema moto
rio assiale che regola l’allineamento vertebrale; ad esempio, il sistema motorio assiale adotta una
strategia di controllo motorio basata su una percezione alterata di una disposizione eretta verticale
tra le vertebre spinali. Tale processo si osserva quando un soggetto viene esposto ai prismi che spo
stano (o inclinano) lateralmente gli oggetti nel suo campo visivo. In seguito ad una esposizione con
tinua, e quindi all’induzione di un “riadattamento sensoriale”, avviene la rotazione (o inclinazione)
del capo verso gli oggetti ruotati (o inclinati); comunque, il soggetto è totalmente inconscio del
l’ampiezza e direzione del movimento del capo. Infatti interpreta la posizione del capo come “eret
ta” e “dritta in avanti”, sebbene sia realmente spostato. Pertanto, in presenza di un riadattamento
sensoriale indotto da una percezione alterata visivo-spaziale, il SNC tende a ricalibrare i “segnali
propriocettivi” provenienti dalla muscolatura assiale. Questa serie di riadattamenti sensoriali con
cambiamenti compensativi nell’allineamento vertebrale puo’ anche essere sufficiente a modificare
la posizione degli occhi nell’orbita, interessando cosi’ il riflesso vestibolo-oculare e il nistagmo
opto-cinetico.
Piu’ recentemente, una ricerca effettuata da Catanzariti e colI. (1998) ha studiato le relazioni esi
stenti tra vista e postura e tra oculomotricita’ e postura. Nei campioni esaminati i soggetti ipove
denti presentano piu’ frequentemente deformazioni del rachide rispetto ai controlli, e i bambini sco
liotici presentano piu’ frequentemente anomalie oculomotorie rispetto ad una popolazione di con
trollo. Alla luce dei risultati emersi, i ricercatori non esitano ad effermare che un’ alterazione del
controllo posturale, dovuta all’interessamento della funzione visiva, puo’ favorire l’insorgenza di
deformazioni rachidee. Nell’interpretare i dati della ricerca viene ipotizzata una disfunzione cen
trale del controllo posturale che spiegherebbe non solo la deformazione del rachide e i disturbi ocu
lomotori, ma anche le anomalie vestibolari e propriocettive riscontrate da diversi Autori nei soggetti scoliotici. In definitiva, postura ed equilibrio visivo vanno intesi come due aspetti inseparabili in quanto rap
presentano due meccanismi all’interno di un unico processo percettivo.
A tutti gli specialisti che si occupano sistematicamente dei problemi dell’equilibrio binoculare è
noto che se ad un soggetto viene diagnosticato uno squilibrio verticale della visione binoculare
(foria verticale), il problema è molto spesso accompagnato ad atteggiamenti posturali scorretti della
testa che risulta inclinata o ruotata da un lato.
Van Vliet (1987) parlando dell’esame dei movimenti oculari, attribuisce all’osservazione della
postura della testa una notevole importanza ed afferma che, se alterata, “puo’ immediatamente indi
care una disfunzione oculomotoria”.
Sono frequentemente riscontrabili anche segni e comportamenti piu’ macroscopici, come per esem
pio l’abitudine di tenere una spalla piu’ alta dell’altra, ruotare il busto di alcuni gradi, gravitare il
proprio peso corporeo di piu’ su un piede che sull’altro, ecc.
Tali alterazioni posturali rappresentano l’adattamento effettuato dall’organismo ed in qualche modo
sono correlati con l’entita’ e l’eziologia dello squilibrio binoculare.
Occorre ancora quindi sottolineare che qualsiasi terapia rieducativa dovrebbe prevedere procedure
dirette sia all’equilibrio binoculare che al miglioramento della postura. Ogni approccio che consi
dera lo squilibrio visivo come un vero e proprio squilibrio percettivo, e non solo muscolare a cari
co dei muscoli oculomotori, ha dimostrato nell’esperienza degli ultimi 30 anni notevoli vantaggi,
sia per quanto riguarda l’efficacia della procedura rieducativa, sia per la durata nel tempo dei bene
fici ottenibili.

Ayres sintetizza questi concetti sottolineando che “i muscoli oculomotori sono sostanzialmente muscoli scheletrici e rispondono quindi ai meccanismi che regolano la neurofisiologia dei muscoli posturali. Normalizzare i meccanismi posturali aiuta a normalizzare il controllo dei muscoli oculomotori. Tali esperienze hanno dimostrato che effettuando esercizi di rieducazione dell’equilibrio oculare abbinati ad attivita’ specifiche atte a coinvolgere lo stato posturale e l’equilibrio corporeo hanno fornito risultati piu’ duraturi nel tempo poiche’ è stato modificato l’equilibrio dell’intero schema corporeo invece che modificare semplicemente lo stato dei muscoli oculari. Nonostante le molte evidenze cliniche e le conferme anatomo-funzionali, il ruolo della rieducazione visiva nell’ambito della rieducazione posturale è stato limitato. I terapisti della riabilitazione hanno spesso trascurato il ruolo della visione demandando agli oftalmologi diagnosi e terapia. Gli stessi oftalmologi si sono preoccupati principalmente della valutazione anatomo-fisiologica e della prescrizione di occhiali compensativi. Pur in questo contesto generale, non mancano studi e procedure specie in ambito kinesiterapico tendenti ad utilizzare la funzione visiva ed in particolare l’oculomotricita’ nell’ottica di una riprogrammazione sensomotoria globale (R’evel e Morin, EMC). Ad esempio Gussoni, in occasione del 20 Convegno Interdisciplinare presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche in Roma, ha recentemente presentato un’interessante protocollo rieducativo per pazienti affetti da cervicalgia. Partendo dal presupposto che la propriocettivita’ cervicale è intimamente legata alle funzioni oculo-motoria e vestibolare, e con l’intento di integrare i messaggi cervicali, vestibolari e visivi nell’ottica di una riprogrammazione della coordinazione oculocervicale, vengono proposte una serie di applicazioni pratiche coinvolgenti il sistema oculomotorio che possono essere proficuamente associate alla rieducazione cervicale classica. Questo tipo di lavoro puo’ essere inteso come una vera e propria “riprogrammazione oculocervico-cinetica e labirintica”, che tiene nella doverosa considerazione i legami neurofisiologici del rachide cervicale con i meccanismi di coordinazione vestibolare e oculocinetica (Aspit, EMC; PELISSIER, Brun e Simon, 1986). Finche’ nella valutazione della performance visiva ci si occupa solo dei difetti refrattivi si avra’ sempre e comunque un’interpretazione molto limitata del problema e delle necessita’ dell’individuo.L’analisi visiva funzionale rappresenta lo stato dell’arte nella valutazione di come l’individuo interpreta le informazioni provenienti dall’ambiente. L’analisi visiva non è quindi limitata ad un esame refrattivo ed ai comuni tests optometrici, ortottici o oculistici, preoccupandosi solo di ottenere la nitidezza dell’immagine sulla retina mediante la prescrizione di un paio di occhiali, ma è orientata a una valutazione funzionale e percettiva piuttosto che anatomo-fisiologica. Solamente attraverso un’opportuna ed approfondita analisi è possibile determinare la performance visiva di un individuo e definire il suo rendimento in funzione dell’attivita’ principale che egli deve svolgere. Nel corso dell’analisi visiva, lo scopo dell’esaminatore è quello di tracciare un profilo del rendimento della funzione visiva attraverso la sua suddivisione in quattro aspetti principali: -la definizione delle esigenze visive individuali in relazione all’eta’, alla professione, ecc.. -la valutazione dello stato anatomo-fisiologico -l’esame delle funzioni principali che partecipano al processo visivo, dette anche “abilita’ visive” -la valutazione degli aspetti superiori della percezione: direzionalita’, localizzazione, visualizzazione, ecc… Getman definì la sequenza analitica o analisi visiva come “l’unica” batteria di dati clinici che permette di prevedere accuratamente la performance visiva durante la vita quotidiana”. L’intero con

cetto che traspare dalla sequenza, è basato sull’idea che la performance visiva è molto piu’ di cio’
che puo’ essere determinato da singole misurazioni. Di conseguenza, le risposte visive ottenute
durante l’appurazione dei tests dell’analisi visiva sono molto piu’ significative dei semplici nume
ri che ne derivano.
La funzione visiva puo’ essere educata ed allenata. “Vedere” modifica, ed è modificato dal conti
nuo adattamento dell’organismo con l’ambiente. L’interazione individuo-ambiente è un continuo
processo alla ricerca di un equilibrio, continuamente messo in discussione da fenomeni interni ed
esterni che agiscono quali fattori stressanti. )
Lo stress è l’essenza per migliorare e lo stimolo per adattarsi. Di per sé non è un problema in quan
to è solo un insieme di stimoli, ma la reazione inappropriata dell’organismo puo’ far nascere un
disagio. Se opportunamente dosato ed indotto lo stress puo’ servire per produrre risposte mirate ed
adeguate da parte dell’organismo. Produrre stress su uno o piu’ sistemi sensoriali in maniera ade
guata stimola quindi l’apprendimento di nuovi modelli di comportamento piu’ appropriati. Nel caso
della funzione visiva significa sviluppare un sistema visivo piu’ pronto ed efficiente.

Conclusioni:


La nostra esperienza clinica ci porta a fare alcune considerazioni:
-le correlazioni tra problemi visivi e problemi posturali possono essere evidenziate solo attraverso
una adeguata batteria di tests che mirano, in modo non invasivo, alla valutazione funzionale del
l’intero sistema visivo. La sola valutazione anatomo-fisiologica espletata dall’oftalmologo è sicu
ramente auspicabile ma non sufficiente per evidenziare questo di tipo di problemi.
-Quando il problema visivo è la conseguenza di un problema posturale, la sola rieducazione visi
va non è sufficiente alla soluzione del caso e diventa secondaria al trattamento posturale. Un esem
pio ci è dato talvolta da anomalie della visione binoculare come forie verticali o deficit di conver
genza che possono essere la conseguenza adattiva da parte del sistema visivo ad un problema pre
cedente di natura posturale o stomatognatico. In questi casi trattare la causa primaria è senz’ altro
auspicabile prima di trattare il problema visivo.
-Talvolta invece il problema visivo risulta essere primario rispetto al problema posturale: il tratta
mento di tale problema assume valore prioritario per il raggiungimento dello scopo. Un esempio
tipico è dato dai bambini o adolescenti che a causa di un qua}sivoglia problema visivo funzionale,
non riescono a mantenere un impegno visuo-cognitivo al punto prossimo in maniera prolungata.
Dovendo essi pero’ comunque sostenere questo tipo di stimolo, anche se eccessivo per le loro pos
sibilita’, si adattano sviluppando modelli posturali che se pure alterati, permettono loro di funzio
nare meglio e con minor dispendio energetico. Troviamo in questi casi atteggiamenti di eccessivo
avvicinamento del capo verso il libro da studiare o sul foglio da scrivere o di testa ruotata o incli
nata da un lato con conseguenti problemi algici a carico dell’apparato muscolo-scheletrico. In que
sti casi l’esperienza ci insegna che trattarli solo dal punto di vista posturale, aiuta ma non produce
i benefici sperati in quanto a monte vi è un problema di rendimento visivo che permane. La riedu
cazione visiva, magari contestualmente ad una corretta educazione posturale, è in grado di produr
re benefici duraturi nel tempo ed un miglioramento del quadro clinico del soggeto.

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Vittorio Roncagli




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