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Vision per il Basket
Kiki Vandeweghe è senza dubbio nato per giocare
a Basket. All'età di vent'anni stava già diventando
uno dei cestisti con il tiro a canestro più preciso d'America.
Qualche anno più tardi, mentre giocava nei Denver Nuggets,
la sua precisione di tiro sembrò subire un continuo peggioramento
e, dopo avere attribuito la colpa ad una serie di fattori atletici
e tecnici, fu sospettato che la causa fosse un problema visivo.
In realtà la visita specialistica riscontrò che la
sua miopia non era cambiata negli ultimi anni, le sue lenti a contatto
risultarono perfette e la sua visione attraverso di esse era da
considerarsi "perfettamente nella norma".
Grazie ad una banale coincidenza, Kiki fu sottoposto anche ad un'accurata
visita di Sports Vision, una disciplina che si occupa in modo estremamente
sofisticato della diagnosi e del miglioramento della vista per le
persone che praticano attività sportiva.
Kiki si recò presso lo studio del Dr. Farnsworth, specialista
di questa disciplina ed attuale Presidente dell'Accademia Europea
di Sports Vision, che lo sottopose ad una serie di test riscontrando
che la diminuzione di performance atletica di Kiki aveva cause visive
ben precise.
Il Dr. Farnsworth evidenziò che "...durante la progressione
del gioco il sistema visivo di Kiki subiva un lento ma consistente
peggioramento della coordinazione dei muscoli oculari che lo portavano
ad essere sottoposto ad un eccessivo e spesso inconsapevole affaticamento
visivo...".
La visita evidenziò anche che "...esisteva una correlazione
fra tale scoordinazione visiva ed il numero di errori di gioco che
fra l'altro erano maggiori in certe condizioni di gioco...".
La diagnosi, tanto precisa quanto inesorabile, spiegava fra l'altro
alcuni piccoli disturbi di cui Kiki non si era mai lamentato ma
che si riassumevano in un vago senso di stanchezza durante lo studio
e durante la guida prolungata dell'automobile.
Se qualcuno chiedeva a Kiki come vedeva la sua risposta era inevitabilmente
'bene !" perché basata sulla nitidezza dell'immagine
che riceveva dai suoi occhi.
In fondo una palla da Basket è di dimensioni facili da vedere
e così pure il canestro, il campo ed i giocatori avversari.
Allora perché soffermarsi a volere considerare il "vedere
bene" solo con la nitidezza ?
Il nostro modo di intendere il "vedere bene" ignora semplicemente
il 99% delle abilità visive dei nostri occhi e di tutto il
resto del nostro sistema visivo come per esempio la percezione delle
distanze, la sensibilità ai colori, la prontezza dei riflessi,
l'equilibrio, la coordinazione fra gli occhi ed il resto del corpo,
la scelta di tempo, ecc., ecc.
Il sistema visivo è il nostro principale ponte di collegamento
con il mondo esterno ed attraverso di esso noi sappiamo come e quando
reagire ad una situazione, come per esempio afferrare una palla,
evitare un avversario, passare la palla ad un compagno, effettuare
un tiro a canestro, ecc.
Oltre l'80% delle nostre azioni quotidiane coinvolgono il sistema
visivo e questo valore è ancora più elevato quando
siamo coinvolti in certe condizioni di dinamicità.
Una disciplina chiamata Sports Vision nata negli Stati Uniti circa
30 anni fa ed ora presente anche in Italia si occupa della diagnosi
e del miglioramento della vista per tutte le persone che praticano
attività sportiva sia professionale che dilettantistica.
Le ricerche universitarie nello Sports Vision, effettuate fin dalla
Seconda Guerra Mondiale, hanno dimostrato che spesso gli errori
visivi non sono frutto del caso ma dovuti a precise lacune del sistema
visivo che si evidenziano particolarmente durante condizioni di
affaticamento e di stress.
Una delle prime ricerche di Sports Vision nel Basket effettuato
nel 1962 confermò quanto era stato trovato anche per altre
attività sportive come il Baseball, la Scherma ed il Tennis
e cioè che gli atleti possono migliorare la propria performance
sportiva attraverso opportuni programmi di allenamento visivo, chiamati
appunto Sports Vision.
Ogni persona possiede dei limiti personali ma ciascuno può
imparare ed allenarsi a vedere meglio di quanto non sta facendo.
Negli ultimi decenni, grazie allo Sports Vision si è arrivati
così alla messa a punto di un centinaio di esami atti a misurare
i vari aspetti del sistema visivo e di come una persona risponde
allo stress, alla fatica ed alle difficoltà visive di vario
genere che possono capitare sia in gara che nella vita di tutti
i giorni.
Fino a 30-40 anni fa nel mondo sportivo era comune la convinzione
che per vincere una gara o essere più bravi in uno sport
occorreva essere fisicamente più forti degli altri concorrenti.
Da alcuni anni il mito della forza è stato ridimensionato.
Le ricerche nel settore della biochimica, della nutrizione, della
biomeccanica e della percezione visiva sono intervenute per ottimizzare
le risorse dell'atleta sulla base di informazioni scientifiche rigorose.
Più di 2.000 atleti Olimpici Americani e decine di squadre
sono già state sottoposte a programmi di Sports Vision ed
i risultati dei test hanno dimostrato che anche tra i migliori atleti,
uno su quattro ha un problema visivo del quale egli stesso è
all'oscuro ed inoltre gli atleti migliori, quasi senza eccezione,
hanno migliori capacità visive di atleti di calibro inferiore.
I test che compongono lo Sports Vision sono stati appositamente
studiati e sperimentati sui grandi campioni di varie specialità
sportive.
Grandi campioni come Magic Johnson e Michael Jordan pur essendo
atleticamente superdotati si sono sottoposti durante la loro carriera
a controlli periodici ed a programmi di allenamento.
Per comprendere i concetti di tali programmi, bisogna però
abbandonare l'idea che avere una visione di 10/10 significa avere
una visione perfetta.
Avere una vista di 10/10 significa che si è in possesso di
uno dei tanti requisiti visivi necessari ma molti altri sono coinvolti,
come se per essere dei campioni di Basket bastasse semplicemente
essere alti più di 1 metro e 90 centimetri.
Dr.
Vittorio Roncagli Presidente
Accademia Europea di Sports Vision |